“Il mio Inferno, Dante profeta di speranza”
Una mostra itinerante per interrogare Dante sul senso della vita.
Illustrazioni di Gabriele Dell’Otto
Testi di Franco Nembrini
>> Dal 10 settembre al 15 ottobre 2023 <<
Santuario dell’Addolorata. porticato del Collegio degli oblati
Corso Europa, 228 – Rho (Mi)
La mostra avrà una speciale attenzione ai più giovani, in particolare al mondo della scuola, dove troverà diffusione anche per il tramite di progetti proposti dal Centro di Solidarietà di Rho a tutte le scuole della nostra zona con la possibilità di visite guidate che coinvolgeranno attivamente gli studenti.
Ingresso libero
Orari di apertura:
> lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9 alle 13
> martedì e giovedì dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19
> sabato e festivi dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.30
Informazioni visite guidate gratuite:
+39 338 3628388
>> Scarica il volantino di invito <<
“Il mio Inferno. Dante profeta di speranza” non vuole essere l’ennesima mostra dotta o divulgativa su Dante Alighieri. Quando due anni fa è stata immaginata era ben chiaro lo scopo: fare in modo che i giovani si accostassero con passione alla lettura della Divina Commedia, trovando in essa una indicazione e un sostegno per la loro crescita integralmente umana. È nata così questa mostra, che si avvale di due contributi fondamentali, quelli di Franco Nembrini e di Gabriele Dell’Otto, oltre al lavoro di due studenti universitari, Edoardo e Virginia, che ne hanno ideato il percorso.
I commenti e le interpretazioni del prof. Nembrini e le evocative immagini di Dell’Otto costituiscono il filo conduttore di questo itinerario, che viene offerto ad ogni visitatore. Si tratta di stare davanti ai versi dell’Inferno di Dante con le proprie domande esistenziali aperte, alla ricerca di un senso pieno per la vita, curiosi di incontrare e capire chi, attraverso commenti e immagini, può aprire gli occhi sull’attualità dell’opera di Dante.
In questo modo Dante diventa profeta di speranza, cioè un interlocutore credibile e contemporaneo, capace con le sue parole e i suoi esempi concreti di porre tutti di fronte al desiderio di felicità, di rendere tutti capaci di affrontare con speranza e coraggio il “proprio inferno”.
Tuttavia la vera novità di questa mostra è rappresentata dalle sue guide: in gran parte ragazzi del triennio delle scuole secondarie di secondo grado, grazie all’attività dei Pcto (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento), sono stati formati sui contenuti della mostra, per poterla presentare ai propri compagni di scuola. Il lavoro di questi ragazzi, fatto di lezioni, approfondimenti e tanto studio personale, viene offerto a tutti con passione e competenza.
Come scrive Franco Nembrini:
«Perché vale la pena fare la fatica di leggere Dante? Vale la pena se si parla con Dante, cioè se si entra nella letteratura con le proprie domande, i propri drammi, il proprio interesse per la vita. Allora, improvvisamente, Dante parlerà. Parlerà al nostro cuore, alla nostra intelligenza, al nostro desiderio; ed è un dialogo che una volta cominciato non finirà più».
E per cominciare iniziamo da un’opera cosiddetta giovanile di Dante, la Vita nova, consapevoli di andare contro una certa vulgata, anche scolastica, che ha sempre considerato la Vita nova l’opera minore, giovanile, che nulla avrebbe a che fare con l’opera maggiore, La Divina Commedia. Invece ci sembra che si possa ritenere la Vita nova quasi la prima parte dell’opera complessiva, una sorta di premessa assolutamente necessaria alla comprensione del poema. Gli elementi a sostegno di questa tesi, tutti rintracciabili nel percorso della Commedia, ci sembrano tre:
1. Solo un incontro può salvarci. Cioè, l’io, la persona, si rimette ogni giorno in cammino solo per la forza di un incontro, per un’attrattiva amorosa che impone di essere stimata e seguita. In questo sta la possibilità che la vita si rinnovi continuamente, sia determinata da uno stupore e da una gratitudine incontenibili.
2. Nell’incontro con Beatrice Dante riconosce l’irruzione nella sua vita di qualcosa che ha a che fare con il Mistero, con Dio. Tutte le poesie che compongono la Vita nova descrivono l’esperienza di un miracolo – «venuta da cielo in terra a miracol mostrare», «miracolo sì novo e sì gentile» – miracolo che lo raggiunge attraverso uno sguardo, passa fisicamente dagli occhi di Beatrice, per trasmettersi al mondo intero.
3. Dante nel rapporto con lei sperimenta una “soddisfazione del desiderio”, il raggiungimento della felicità tanto agognata, il compiersi del destino buono cui si sente chiamato. Ma questa promessa sembra tradita dalla morte precoce di Beatrice e da questa ferita si alza il grido di Dante, che è il grido di ogni uomo e che Leopardi ha descritto in modo insuperabile: «O natura, o natura, perché non rendi poi quel che prometti allor? Perché di tanto inganni i figli tuoi?» (A Silvia). A questo punto il poeta si chiede perché la vita sia segnata da questa terribile contraddizione e si rende conto di non avere ancora risposte convincenti, che dovrà cercarle per tutta la vita. E a differenza di noi moderni, invece di mettere in dubbio la bontà della promessa, ha il coraggio dell’umiltà, di mettere in dubbio la propria capacità di comprensione del problema e si ripromette di dedicare la vita alla ricerca di questa risposta e di comunicarla all’umanità intera una volta che l’avesse trovata.
Si tratta della grande, magnifica profezia che conclude la Vita nova: è l’anticipazione della Divina Commedia anche se ci vorranno dieci anni perché Dante prenda carta e penna e cominci a raccontare le meraviglie che il rapporto con lei gli ha permesso di scoprire.